Titolo
Gesù divino lavoratore
Soggetto
Gesù divino lavoratore
Autore
Tamburi, Orfeo (1910/1994)
-
firma
Tipo oggetto
dipinto
Date
terzo quarto sec. XX
1957
documentazione
Serie
Materiali
olio su tela
Misure (cm./gr.)
Altezza:
53 Larghezza:
66.5
Olio su tela, 53 x 66,5 cm. Firmato in basso a destra “Tamburi”. Acquisto, 1956. Esposizioni: Mostra d’arte Gesù divino lavoratore, Assisi 1956 (bozzetto). Inv. n. 0144700
I primi accordi fra Orfeo Tamburi e don Giovanni Rossi per l’esecuzione di un dipinto sul tema del “Cristo operaio” furono presi nel dicembre 1955. Il 30 aprile 1956 l’artista spedì alla Pro Civitate Christiana due bozzetti a olio perché fossero valutati in vista dell’esecuzione del dipinto definitivo. Nel presentare le due varianti, e nel sollecitare una scelta, l’artista fece presente la difficoltà riscontrata nel decidere, per quel determinato soggetto, come raffigurare la testa e il costume del Cristo (lettera del 1 agosto 1956). Don Rossi optò per la versione più piccola che vedeva Gesù aureolato intento al lavoro di falegname su un tavolo, chiedendo però che la figura fosse completamente rivestita, a differenza di quanto presentato nel bozzetto in questione, in cui le spalle e le braccia di Cristo erano scoperte. La versione definitiva dell’opera rispecchiò queste aspettative, restando molto aderente all’olio preliminare. Avrebbe dovuto essere spedita entro la metà dell’agosto 1956 ad Assisi, in modo da figurare alla Mostra d’arte di Gesù divino lavoratore, organizzata nell’ambito del Corso di studi di quell’anno, ma per una serie di disguidi non si riuscì ad averla per la data, tanto che all’esposizione fu presentato invece, su consiglio dell’artista, il bozzetto, donato poi alla Pro Civitate Christiana (cfr. R926). Il Gesù divino lavoratore e i due bozzetti preparatori (quello di Assisi e quello conservato come ricordo dall’artista) costituiscono le uniche opere a soggetto religioso realizzate da Tamburi nel corso della sua carriera artistica (se si escludono alcuni studi, perduti, compiuti in età giovanile sul San Sebastiano). L’artista era convinto di aver saputo dare alla figura del Cristo un “qualcosa di mistico” (lettera del 15 ottobre 1956); di sicuro il soggetto si discostava largamente dalle predilette vedute di città affrontate usualmente da Tamburi, anche se ne riprende le istanze nella volontà di assegnare un ordine geometrico agli spazi (come d’altra parte lascia intuire la squadra posizionata sullo sfondo della parete bianca). Il rimando all’esperienza parigina postcubista nelle forme e la pennellata materica si uniscono, nella definizione della figura, a echi cézanniani che ridefiniscono la scelta di un realismo mai abbandonato in una sapiente gestione degli equilibri interni del dipinto. Fonti e bibliografia: Pro Civitate Christiana, Archivio Artisti, b. Carteggio Tamburi Orfeo, lettere del 1 agosto e 15 ottobre 1956; Bruzzichelli 1956b, p. 13; Catalogo Galleria 1964, tav. XLIV, n. 490 o 491. [S.V.]
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