Titolo
Ultima cena
Soggetto
Ultima cena
Autore
Ferrazzi, Ferruccio (1891/1978)
-
firma
Tipo oggetto
dipinto
Date
terzo quarto sec. XX
1955 - 1956
data
Serie
Materiali
olio su tela
Misure (cm./gr.)
Altezza:
200 Larghezza:
205
Olio su tela, 200 x 205 cm. Firmato e datato in basso al centro “FERR: FERRAZZI 1955-56”; monogramma di Ferrazzi. Acquisto, 1956. Inv. n. 0136400 (Galleria).
Ferrazzi fu molto legato sia a don Giovanni Rossi che alla Pro Civitate e partecipò attivamente a numerose iniziative dell’associazione. Nel 1942, ad esempio, aveva tenuto una relazione dal titolo “Lo sforzo dell’arte moderna verso la fede” durante il III Corso di studi cristiani. A Roma, dove risiedeva e lavorava, era in stretto contatto con Giovanni Prini e aveva aderito alla Domus Christiana che questi aveva fondato nella sua casa. Nel 1952 don Giovanni manifestò all’artista il desiderio di commissionargli una serie di affreschi per alcuni ambienti della Cittadella, tra cui un’Ultima cena per il refettorio. Ferrazzi non eseguì alcun dipinto murale per la Pro Civitate, tuttavia trattò il tema dell’Ultima cena in questo dipinto. Animato da un sentimento di profonda religiosità, Ferrazzi scorse nei vari aspetti della vita quotidiana e del suo mestiere di artista l’intimo senso della spiritualità cristiana. Simile atteggiamento lo indusse a tradurre la realtà in immagini dall’intonazione solenne e mitica, che volle prive di qualsiasi elemento di stretta contingenza per renderle emblema di un nuovo e più universale significato. Per far ciò elaborò una personalissima maniera, nella quale confluirono echi e suggestioni dei maestri del passato: dalla severitas dell’arte musiva romanica alla sacralità delle figure di Piero della Francesca, senza tralasciare il costante riferimento al sermo humilis dei pregiotteschi. Seguendo fedelmente il racconto evangelico e sfruttando l’espediente della narrazione continua, tipica di molti autori medievali, Ferrazzi rappresentò in una stessa scena due episodi che si erano svolti in momenti diversi sebbene consecutivi, ossia l’istituzione dell’Eucarestia e l’annuncio del tradimento di uno degli apostoli. Nell’istante in cui Cristo spezza e benedice il pane, Giovanni gli getta le braccia al collo in un abbraccio di dolente e incontenibile disperazione, perché Giuda, che sta mangiando dallo stesso piatto di Gesù, ha ormai elaborato il suo piano, tanto che la sua vista e la sua mente sono ottenebrate dal messo demoniaco che irrompe sulla scena con un’ardita prospettiva. Come sua consuetudine, nell’affrontare temi sacri, Ferrazzi fonde le forme della realtà con elementi trascendentali. Fonti e bibliografia: Ferrazzi 1956, p. 13; Artisti contemporanei: Ferruccio Ferrazzi 1959, p. 161 (riprodotta con il titolo di Dacci oggi il nostro pane quotidiano); Catalogo Galleria 1964, n. 189; Ragghianti - Recupero 1974, p. 113. [F.S.]
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