Titolo
L'Annunciazione
Soggetto
L'Annunciazione
Autore
Ciminaghi, Virginio (1911/2001)
-
firma
Tipo oggetto
scultura
Date
terzo quarto sec. XX
ante 1966 - ante 1966
bibliografia, documentazione
Serie
Materiali
bronzo a fusione
Misure (cm./gr.)
Altezza:
59.5 Larghezza:
104 Profondità:
20
Un’inedita interpretazione scultorea, in chiave contemporanea, quasi esistenzialista, di uno dei temi più importanti del panorama artistico religioso
Bronzo, 59,5 x 104 x 20 cm. Dono, 1966. Esposizioni: Personali di Virginio Ciminaghi e Trento Longaretti, Assisi 1966; Personale di Virginio Ciminaghi, Milano 1968. Inv. n. 0035700 (Galleria).
Il Gesù divino lavoratore di Virginio Ciminaghi fu molto apprezzato ad Assisi, tanto che Pia Bruzzichelli, direttrice della Galleria d’arte della Pro Civitate Christiana, decise di dedicare nel 1966 una personale all’artista, il quale divise gli spazi espositivi con Trento Longaretti, presentando sculture e disegni. Nell’occasione, che si dimostrò un successo di vendite, fu esposta anche l’Annunciazione; l’opera venne acquistata dall’allora ministro Giulio Andreotti, omaggiato dall’artista con un disegno, e data in dono alla Pro Civitate Christiana. Considerata da Ciminaghi uno dei lavori cardine del suo percorso artistico fino agli anni Sessanta, la scultura fu richiesta dall’artista per figurare nella grande mostra dedicatagli dal Comune di Milano presso il Padiglione d’Arte Contemporanea nel 1968. Composta da un supporto in bronzo sul quale poggiano due elementi rettangolari dello stesso materiale non perfettamente allineati, l’Annunciazione è lavorata a rilievo, con la particolarità di presentare la figurazione non sullo stesso lato dei due blocchi ma divisa fra fronte e retro dell’uno e dell’altro. Il fatto che la Vergine e l’angelo siano disposti sui lati opposti delle lastre sembrerebbe suggerire, come spesso avviene nelle opere di Ciminaghi, l’incomunicabilità fra i personaggi, che rimangono isolati psicologicamente, e in questo caso anche spazialmente; viene altresì accentuato il senso di impenetrabilità del mistero divino. La scelta di non disporre le lastre a filo crea però una sorta di apertura, che mostra come invece in questo lavoro vi sia una riflessione sulla strenua ricerca di tale comunicazione. La postura delle figure e il loro atteggiamento ricordano altre opere di Ciminaghi, di differente soggetto, una sorta di costante stilistica della ripetizione svolta in un linguaggio sempre moderato, mai eccessivo nelle sue espressioni. Interessante è la lavorazione dello sfondo, curata ossessivamente anche nella distribuzione della patina: sul lato delle figure, la loro marcata verticalità e immobilità è controbilanciata dalle linee orizzontali definite nel bronzo, che rappresentano una sorta di continuità fra le due parti della figurazione. Fonti e bibliografia: Pro Civitate Christiana, Archivio Artisti, b. Carteggio Ciminaghi Virginio, lettera del 22 settembre 1966; Le personali d’arte del Corso 1966, p. 3; Bruzzichelli 1966b, pp. 53-55. [S.V.]
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