Titolo
Il prete
Soggetto
Il prete
Autore
Rosai, Ottone (1895/1957)
-
firma
Tipo oggetto
dipinto
Date
terzo quarto sec. XX
1955
data
Serie
Materiali
olio su tela
Misure (cm./gr.)
Altezza:
60 Larghezza:
45
Olio su tela, 60 x 45 cm. Firmato in basso a destra “O. ROSAI”. Acquisto, 1960 circa. Inv. n. 0154700 (Galleria).
L’acquisizione di un’opera di Ottone Rosai da parte della Pro Civitate Christiana fu un’operazione lunga e complessa. La corrispondenza fra l’artista e don Giovanni Rossi iniziò negli anni Quaranta, a seguito della pubblicazione su “Il Regno” di una sua Crocifissione, ma solo nel 1955 gli venne assegnato l’incarico di realizzare un dipinto per la collezione assisiate. Il soggetto, in linea con la politica di promozione e finanziamenti artistici dell’istituzione, avrebbe dovuto essere il Gesù divino lavoratore, e in effetti la commissione fu immediatamente accettata dall’artista, incuriosito dalla novità iconografica e dall’idea di poter svolgere il tema in maniera personale e attuale. L’idea di Rosai era infatti di dipingere un Cristo che potesse appartenere a tutti i tempi, in vesti moderne “lasciando all’intensità e scelta dei valori espressivi il compito di aureolarne la divinità” (lettera del 15 dicembre 1955). A questo iniziale entusiasmo seguì però il netto rifiuto di continuare a lavorare sul tema, una volta saputo che non si trattava di una richiesta rivolta unicamente a lui, ma di un’iniziativa reiterata negli anni legata allo sviluppo di quel determinato soggetto iconografico da parte di artisti coinvolti, nella maggior parte dei casi, con il concorso annuale tenuto dalla Pro Civitate Christiana. Solo l’assicurazione di don Rossi rispetto al distinguo da farsi fra opere eseguite su invito e opere liberamente presentate al concorso per essere giudicate convinse l’artista a rimettersi al lavoro sul Gesù divino lavoratore, che avrebbe dovuto essere presentato alla mostra del Corso di studi cristiani del 1956. Tuttavia Rosai non riuscì a realizzare l’opera entro agosto, la data prevista per la consegna, e a novembre rinunciò definitivamente all’incarico. Alla scomparsa di Rosai, avvenuta pochi mesi dopo, nel maggio 1957, la Pro Civitate Christiana prese contatto con il segretario dell’artista, Giorgio Bertolini, cercando di acquistare eventuali disegni o bozzetti relativi al soggetto e ripiegando successivamente (dato che Rosai aveva distrutto le varie prove fatte sul tema) sull’acquisizione di un’altra opera di carattere religioso. Entrò così a far parte delle collezioni d’arte della Cittadella Il parroco, eseguito dall’artista nel 1955; dipinto che va accostato a un altro dello stesso anno, Dopo la messa, in quanto i due costituiscono non solo una variante, ma la ripresa di differenti situazioni legate a un luogo similare. Entrambi raffigurano uno scorcio di viale alberato che conduce a una piccola chiesa, solo che nel primo è presente un parroco di spalle che si dirige verso la costruzione e nell’altro una vecchia contadina che ne è evidentemente appena uscita. I colori e il tono dei due dipinti sembrano variare rispecchiando gli stati d’animo dei personaggi rappresentati: ne Il parroco predomina la serenità, affidata ad una stesura chiarissima e luminosa del colore, distribuito in pennellate ariose che vaporizzano le forme aperte del paesaggio e si concentrano invece in una solida definizione dei volumi nella figura umana; nella seconda opera invece, nonostante ancora una volta sia il colore con la sua stesura cangiante a predominare, è presente un senso tragico nella macerazione emotiva della donna, sottolineato dalla cupa chiusura della vegetazione scura intorno a lei e nel delinearsi delle medesime ombre verdastre sul viale e sul viso. I due lavori rispondono quindi a differenti esigenze espressive, pur nella raffigurazione dello stesso soggetto paesaggistico in variante. Ciò che emerge prendendo in esame il solo dipinto di Assisi è l’indipendenza nel trattare il tema da parte di Rosai, che accantona il suo storico anticlericalismo per restituire un’immagine popolare di prete di campagna, colto nel mite atteggiamento di osservanza ai suoi doveri, dove la quotidianità della scena corrisponde a livello esecutivo alla semplificazione dei volumi, che non perdono però in monumentalità all’interno della studiata ed equilibratissima composizione. Fonti e bibliografia: Pro Civitate Christiana, Archivio Artisti, b. Carteggio Rosai Ottone, lettera del 15 dicembre 1955; Mariani 1961, p. 36; Catalogo Galleria 1964, n. 453. [S.V.]
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