Fuga in Egitto

Olio su tela, 50,5 x 60,5 cm. Firmato e datato in basso a sinistra “C. Carrà 958”. Firmato e datato in basso a sinistra “C. Carrà 958”. Acquisto, 1958. Esposizioni: Personali d’Arte Cristiana. Carlo Carrà, Assisi 1958; Gesù nell’arte contemporanea, Ferrara 1964; Cristo nell’arte contemporanea, Lugano 1965. Inv. n. 0154600 (Galleria).

La prima menzione di un dipinto sul tema della Fuga in Egitto si ebbe nella corrispondenza di Carlo Carrà con don Giovanni Rossi il 20 dicembre 1954: il pittore scrisse di stare ultimando l’opera, che probabilmente va identificata con quella oggi conservata in collezione privata a Napoli. Dovrebbe trattarsi anche dello stesso dipinto che Carrà disse di aver venduto prima della mostra di Assisi del 1958 e del quale realizzò una copia in poco tempo, da far figurare in occasione dell’iniziativa della Cittadella. Richiesto infatti di tenere una personale nell’ambito del Corso di studi cristiani del 1958, Carrà inizialmente fornì la sua disponibilità, per poi addurre un rifiuto, motivato appunto dalla vendita di uno dei suoi pezzi più importanti e dalla mancanza di tempo a causa degli impegni professionali. L’intervento accorato di don Rossi riuscì però a fargli cambiare idea, così che a fine giugno partirono per Assisi nove quadri, fra i quali anche la seconda versione della Fuga in Egitto, acquistata al termine della manifestazione dalla Pro Civitate Christiana per 500.000 lire. Quando nel 1962, per iniziativa civica, venne organizzata una grande antologica dell’artista a Palazzo Reale a Milano, fra le opere figurava il disegno preparatorio del dipinto, eseguito a carboncino su carta nel 1954, e differente dai due olii (quello in collezione privata e quello conservato ad Assisi) solo per la mancanza del paesaggio. L’invenzione iconografica della Fuga in Egitto rimanda a soluzioni già sperimentate negli anni Trenta e Quaranta da Carrà, legate però alla raffigurazione del mondo contadino: il lento procedere dell’asino montato dalla Vergine e affiancato da San Giuseppe rievoca un realismo popolare, quieto, in cui la semplificazione delle forme obbedisce ad un primitivismo colto, basato sulla conoscenza della grande pittura italiana, il cui modello viene imbrigliato nella sobrietà dei mezzi. Fonti e bibliografia: Mariani 1958, p. 22; Bruzzichelli 1962b, p. 41; Catalogo Galleria 1964, tav. LI, n. 98; Bruzzichelli 1966a, p. 57; Carrà 1968, pp. 341, 580. [S.V.]