Titolo
Gesù divino lavoratore
Soggetto
Gesù divino lavoratore
Autore
Prini, Giovanni (1878/1958)
-
firma
Tipo oggetto
scultura
Date
terzo quarto sec. XX
1951
documentazione
Serie
Materiali
bronzo a fusione/ dorato
Misure (cm./gr.)
Altezza:
130 Larghezza:
39 Profondità:
37
Bronzo dorato, 130 x 39 x 37 cm. Firmato sulla base a destra “G. Prini”. Acquisto, 1951. Esposizioni: Personali d’arte cristiana: Giovanni Prini, Pericle Fazzini, Cipriano Efisio Oppo, Assisi 1951; Gesù divino lavoratore nella interpretazione di dodici artisti contemporanei, Assisi 1952; Gesù divino lavoratore nella interpretazione di venti artisti contemporanei, Assisi 1953; Mostra d’arte Gesù divino lavoratore, Assisi 1954. Inv. n. 0137500 (Galleria).
Prini fu tra i primi artisti ai quali, su indicazione di Dandolo Bellini, don Giovanni Rossi si rivolse per ottenere opere sul tema del Gesù divino lavoratore. Don Giovanni conosceva lo scultore sin dai tempi della Compagnia di San Paolo, tanto che gli fu dedicato anche un articolo sul numero del 7 dicembre 1930 de “La Festa”. In seguito i rapporti tra Prini e le associazioni fondate da don Giovanni divennero sempre più stretti e frequenti, tanto che l’artista partecipò costantemente ai Corsi di studi cristiani, diventò volontario della Pro Civitate, collaborò attivamente alla redazione della rivista “Il Regno” e insieme alla moglie Orazia fondò nella sua casa romana una “Domus Christiana”, un luogo di evangelizzazione, d’incontro e confronto frequentato da artisti, prelati e intellettuali capitolini. Quest’opera, che in origine era intitolata Gesù operaio, si caratterizza per il morbido plasticismo dei volumi, di memoria quasi purista, e per la maniera impostata sulla concisione lineare e formale. Monsignor Fallani, presentando la scultura sulle pagine de “La Rocca”, scrisse che Prini “ha immaginato Gesù operaio, senza ricorrere al verismo della narrazione o alla retorica dei gesti, in un atteggiamento semplice e naturale insieme, che fa rivivere il tema del lavoro nella sintesi di due elementi propri della bottega: l’asse di legno e la sega collocati in modo da non riuscire oggettivamente arditi. La sua scultura procede per una via non turbata da ricerche vistose, ha una umiltà impagabile, una coerenza perfetta”. Fonti e bibliografia: Fallani 1951, p. 8; Catalogo Galleria 1964, tav. XLV, n. 428. [F.S.]
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