Titolo
Gesù divino lavoratore
Soggetto
Gesù divino lavoratore
Autore
Bodini, Floriano (1933)
-
firma
Tipo oggetto
dipinto
Date
terzo quarto sec. XX
1954
data
Serie
Materiali
olio su tela
Misure (cm./gr.)
Altezza:
150 Larghezza:
99.5
Olio su tela, 150 x 99,5 cm. Firmato e datato in basso a destra “F. Bodini 1954”. Acquisto, 1954. Esposizioni: Mostra d’arte Gesù divino lavoratore, Assisi 1954. Inv. n. 0141900
Nel 1954 la Pro Civitate Christiana, oltre alla consueta mostra annuale organizzata con i dipinti eseguiti su invito sul tema del Gesù divino lavoratore, decise di dar vita anche a un concorso sullo stesso soggetto destinato ai giovani talenti delle accademie. Floriano Bodini partecipò alla manifestazione con il dipinto che sarebbe poi entrato a far parte delle collezioni della Cittadella. L’opera si aggiudicò uno dei premi minori, il terzo di 100.000 lire, ex aequo con Giorgio Scarpati e Francesco Speranza. A riprova dell’ottima impressione fatta dall’artista ad Assisi, nel 1959 don Rossi richiese un altro lavoro a Bodini sul tema, nell’ambito di un’iniziativa dell’industriale Cicogna, che intendeva destinare varie opere di quel soggetto a luoghi di lavoro. Pur avendo avuto una formazione da scultore all’Accademia di Brera sotto il magistero di Francesco Messina e Vitaliano Marchini, Bodini decise nel 1954 di partecipare al concorso con un di-pinto, data la sua iniziale intenzione di affermarsi come pittore e la sua indubbia originalità nell’espressione grafica. Nel Gesù divino lavoratore sono evidenti la tendenza alla semplificazione estrema delle forme, presente anche nei disegni donati dall’artista alla Pro Civitate Christiana, improntati ad una sorta di ingenuità popolare. La stilizzazione delle forme va nella direzione di un arcaismo accentuato, che anche nella stesura piatta delle campiture di colore richiama esempi trecenteschi, alludendo alla tecnica dell’affresco. La tendenza alla semplicità di mezzi corrisponde a una semplicità di sentimenti nella scena rappresentata, dove la Sacra famiglia è colta nel consueto svolgersi delle mansioni quotidiane in una stanza spoglia ed essenziale, la cui collocazione in un passato ideale è contraddetta solamente dalla presenza della lampada elettrica. Proprio il fascio di luce che cala dall’alto riunisce i personaggi al centro della composizione, divenendone il punto focale e diffondendo ombre decise sulle pareti. Fonti e bibliografia: Petrucci 1954, p. 19; Catalogo Galleria 1964, n. 68. [S.V.]
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