Titolo
Guarigione del cieco
Soggetto
Guarigione del cieco
Autore
Accatino, Enrico (1920)
-
firma
Tipo oggetto
dipinto
Date
prima metà sec. XX
1946 - 1962
data
Serie
Materiali
tecnica mista su tavola
Misure (cm./gr.)
Altezza:
250 Larghezza:
120
La parabola della “Guarigione del cieco” rivisitata in chiave vagamente primitivista nell’ambito di un progetto artistico promosso da Don Giovanni Rossi nel 1962 e dedicato a “Gesù Medico”.
Tecnica mista su tavola, 250 x 120 cm. Firmato e datato in basso a destra “accatino / 1946-62”. Acquisto, 1962.Esposizioni: Gesù lavoratore, maestro e medico, Assisi 1962; Enrico Accatino. Mostra antologica dal 1942 ad oggi, Assisi 1969. Inv. n. 0138000 (Galleria).
Nel 1962 Enrico Accatino venne invitato da don Giovanni Rossi a realizzare un’opera sul soggetto del Gesù divino lavoratore, Gesù maestro o Gesù medico, a scelta, da presentare alla consueta rassegna d’arte annuale della Cittadella. L’artista, del quale figurava già una Deposizione in Galleria (alla quale si aggiungerà̀ più avanti l’altrettanto drammatica tavola del Mysterium Fidei; cfr. R39-R40), accettò di buon grado di provvedere alla realizzazione di un dipinto, dando avvio a una collaborazione con la Pro Civitate Christiana che si sarebbe protratta nel tempo, con mostre e convegni, anche in virtù del ruolo di Accatino nella didattica delle arti visive attraverso i nuovi media come la televisione. La scelta per il soggetto da rappresentare ricadde sul tema del Gesù medico, che, come specificato nella lettera di commissione, andava sviluppato partendo dai passi del Vangelo nei quali si fa riferimento alle diverse guarigioni miracolose operate da Gesù. Accatino riprese in mano un dipinto del 1946 per realizzare la sua Guarigione del cieco, opera che mostra un efficace e riuscito bilanciamento della tendenza figurativa con quella aniconica ormai abbracciata dall’artista negli anni Sessanta. La gestualità del gruppo formato dal Cristo che preme, nell’atto della guarigione, le mani con forza sul viso del cieco, bloccato in una smorfia di sofferenza e con le braccia levate verso la luce, e la drammatica spigolosità delle figure emaciate riconducono a quel particolare linguaggio pittorico neorealista sviluppato da Accatino negli anni Quaranta e Cinquanta, la cui base è il motivo sociale. Le figure religiose sono equiparabili nella loro scarna apparenza ai pescatori e alle madri di quel mondo tragico e popolare di cui il pittore aveva fatto esperienza in prima persona durante il periodo passato nelle tonnare sarde, con le eroiche pesche che provavano il fisico e lo spirito degli uomini ivi impegnati. La tensione generata da questa componente profondamente umana della figurazione è presente anche negli elementi astratti dello sfondo, semplici forme geometriche, la cui solida struttura spaziale, quasi architettonica, si piega e sbilancia per accogliere la figura divina. D’altra parte le stesse geometrie riportano al religioso attraverso il simbolismo astratto delle forme e l’uso del colore, che ridotto al bianco e al nero finisce per assumere un valore spirituale, nell’accezione di contrasto luce-ombra. Il valore assoluto dei bianchi e dei neri è espresso attraverso una pennellata espressionista, tormentata ma stesa con gesti ampi e netti, senza ripensamenti, fatta di strati sovrapposti e opachi che lasciano vedere, nella loro trama, il colore sottostante. Il monocromo, appena stemperato nella parte bassa del dipinto da dei bruni che riportano la composizione dal piano spirituale del non colore, fatto di luce e ombra, a quello materiale dell’avvenimento storico concreto (non a caso i bruni corrispondono al terreno e alla figura del cieco), accentua, sottolineando gli stacchi delle forme, la grandiosità della costruzione e la monumentalità delle figure. Fonti e bibliografia: Bruzzichelli 1962d, p. 46; Catalogo Galleria 1964, tav. LII, n. 1. [S.V.]
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